La serpentella con le macchie

"Mamma , mi racconti una storia? "
" Dai , la mamma è stanca , sono quasi le undici e domani , lo sai, deve alzarsi presto per un'altra giornata di lavoro! "
" Devi fare la musica con i tasti della macchina dei soldi? "
" No , la mamma non lavora più alla cassa - si dice cassa e la macchina dei soldi si chiama registratore di cassa- ora è caporeparto. Vuol dire -e non spalancare gli occhi , non è una parola misteriosa! - che controlla il lavoro delle altre commesse ... Stella stellina , la notte si avvicina , il lupo è nella stalla..."
" No, mamma, la mucca è nella stalla! E poi non voglio più canzoncine...raccontami una storia! "
" Se te la racconto, mi prometti di dormire? "
" Si, mammina" e il piccolo Riccardo compie il gesto delle promesse importanti, mettendo tutte e due le manine sul più grande degli elefanti colorati del suo piumone, proprio in corrispondenza del cuoricino desideroso di storie della buonanotte.

" In un mattino di dicembre di qualche anno fa, nel paese dei serpenti bianchi e neri, Gabriella, una serpentella di venti anni, si svegliò tutta sudata, dopo una notte agitata. Mise la mano sulla fronte e capì di avere la febbre..."

" Ma, mamma, Gabriella non è un nome da serpente! E' il tuo nome, tu non sei un serpente..."

" I serpente bianchi e neri che vivono in quel paese lontano amano i nomi esotici, presi dal mondo degli uomini...Dunque, Gabriella comprese di avere la febbre, si alzò con fatica dal letto e andò nel bagno, per farsi un impacco fresco da mettere sulla testa. Accese la luce, si guardò allo specchio e si accorse, con stupore e con paura, che il suo viso non solo era pallido e sudato per la febbre ma che si stava ricoprendo di macchie colorate.
Ce n'era una gialla proprio al centro della fronte, una arancione sotto l'occhio destro, una verde brillante sulla punta del naso, una azzurra sulla testolina arrotondata. E altre ne stavano spuntando, ad una velocità impressionante, non solo sulla faccia, ma anche sul resto del corpo.
Spaventata, cercò di ricordare se per caso la sera precedente avesse mangiato qualche cibo indigesto. Era stata in pizzeria con due colleghe di lavoro..."

" In pizzeria? Ma i serpenti non mangiano la pizza..."

" Si, invece, e la preferiscono con molto pomodoro...Aveva bevuto solo acqua minerale...che fossero state le bollicine? Le sembrava già di sentire la sua mamma serpente: Tu e la tua mania di vivere da sola, poi vai a mangiare fuori e ti senti male. Se fossi restata con la tua mamma, se mi avessi dato ascolto..."

" Come si chiamava la mamma serpente? "

" Aveva anche lei un nome esotico, si chiamava Giovanna, sì, proprio come la tua nonna".

"E cucinava bene come nonna Giovanna? "

"Si, preparava piatti saporiti ed appetitosi, ma da quando Gabriella aveva deciso di prendere una casa per conto suo, per lavorare ed essere indipendente -vuol dire quando una persona, umana o serpente, vuole fare le cose senza l'aiuto degli altri - si lamentava sempre perché era preoccupata per la salute della sua unica figlia femmina, che mangiava cibo in scatola o piatti pericolosi di ristorante..."

" Quella parola...indisponente...che hai detto prima è come quando io mi allaccio le scarpe da solo?"

" Si, Riccardo, anche tu a volte sei in-di-pen-den-te! Allora, Gabriella capì che non poteva telefonare alla sua mamma per chiederle aiuto, avrebbe riattaccato con la solita canzone...che male ho fatto perché mi capitasse una figlia così, che è andata via da casa senza un motivo, dopo tutti i sacrifici che io e suo padre abbiamo fatto per lei...no, di chiamare la mamma non se ne parlava proprio. Piuttosto, doveva avvertire subito il direttore del supermercato, che quella mattina non sarebbe andata al lavoro."

" Che lavoro faceva al supermercato? "

" Era al reparto DELIZIE E BOCCONCINI e aveva il compito di catalogare le merci in arrivo e di sistemarle negli scaffali: insetti tropicali in salamoia, formiche rosse della foresta amazzonica, bacche di rose dell'Olanda..."

" Ed erano buone, queste delizie? "

" I serpenti ne andavano matti e quel reparto era sempre affollato, soprattutto il sabato sera. Anche nel mondo dei serpenti bianchi e neri, sai, si preparano grandi tavolate e le padrone di casa fanno a gara a cucinare pranzetti succulenti...no, non torcere gli occhi, lo so che non conosci questa parola...vuol dire le cose buone da mangiare, come il gelato di crema e nocciola che ti piace tanto! Allora, dove ero rimasta? Si, Gabriella telefonò al supermercato per comunicare della sua malattia. Subito dopo chiamò il suo medico di famiglia:la segretaria le fissò un appuntamento per quel giorno stesso.
Il dottor Sapiente era un vecchio serpente saggio, che riceveva i suoi clienti in uno studio dal mobilio antico, pieno zeppo di ampolle e di trattati di medicina dalle copertina rigida, nonché di diplomi ed attestati appesi alle pareti, nelle loro belle cornici.
Quando la piccola serpentella spaventata entrò, avvolta dalla testa alla coda in una coperta di lana a quadri e con un grosso paio di occhiali da sole, il medico la guardò sorridendo e poi le chiese: "Che cosa è successo, signorina? La spaventa così tanto il raffreddore?"
Ma quando Gabriella gli mostrò le sue macchie, il dottor Giorgio Sapiente de Sapientoni- questo era il suo nome per intero- perse la sua abituale sicurezza di gran luminare della medicina, cominciò a tossicchiare e a grattarsi il capo con evidente imbarazzo, infine disse: "E' un caso assai curioso, non ricordo di aver letto mai niente di simile nei miei libri...eppure ne ho letti tanti! Credo- e qui un altro colpo di tosse stizzosa- che l'unico rimedio, per il momento, sia di prendere un periodo di riposo, almeno quindici giorni, di bere molta acqua di pozzanghera e di spalmare il corpo due volte al dì con questa crema". E fece uscire da un cassetto della scrivania, quasi per un gioco di prestigio, una scatolina colorata,girandola sotto il naso di Gabriella. "E' una pomata di produzione svizzera, della terra dei serpenti bianchi e rossi, proviene da una casa farmaceutica di proprietà di mio cugino, il dottor Guglielmo Serpentell, è a base di mele verdi e mirtilli neri. E' indicata per tutte le malattie allergiche ed infettive, vedrà, abbia fede-e qui fece una pausa per prendere fiato- che guarirà anche il suo strano male."

"E non doveva fare le punture? "

"No, per fortuna,solo impacchi con quella crema dal profumo di crostata di frutta...Gabriella si fidava di quel medico,che era il più vecchio e saggio del paese dei serpenti bianchi e neri, e anche il più costoso, ma quando, dopo tre giorni della cura prescritta, non solo le macchie non erano andate via ma erano aumentate di numero, di grandezza e di varietà di colori, cominciò a preoccuparsi.Decise di rivolgersi ad altri medici, scegliendo tra quelli che andavano per la maggiore.
Il primo dal quale si recò, il dottor Siringone, la fece camminare avanti e indietro per il suo studio con le mani sopra la testa, a tempo di marcia, trattenendo il respiro...un altro, tale dottor Pasticcone, le prescrisse una cura a base di piccole pillole dal colore e dal sapore indescrivibili...Il terzo, primario di una clinica per malattie psicosomatiche gravissime- sai, come quando tu hai male al pancino perché Filippo ti ha preso in giro all'asilo- che ostentava i suoi tic nervosi come onorificenze al merito, la guardò senza parlare per mezz'ora e poi pronunciò il verdetto: "Riposo, signorina, riposo assoluto e questi tranquillanti due volte al giorno".
Dopo due settimane Gabriella si sentiva uno straccio, aveva buttato via tutte le sue medicine e le macchie erano salde al loro posto.
Per strada- aveva ripreso ad uscire, non poteva permettersi di rinunciare al lavoro- si sentiva osservata e additata per via di quei marchi colorati sul corpo, non curava più il suo aspetto, i vestiti, i cappellini e le borsette, ma strisciava via veloce sulla sua bicicletta, senza guardarsi intorno, ingolfata in abiti larghi, sotto il peso fastidioso di quelle macchie variopinte..."

"La bicicletta? Ma i serpenti non possono andare in bicicletta, perché non hanno il ditino per suonare il campanello, mamma! "

" Ma si che vanno in bici, è il loro mezzo di trasporto preferito. E quando si trovano di fronte ad un ostacolo, arrotondano la bocca e gridano: PISTA!
Al supermercato il reparto DELIZIE E BOCCONCINI era il meno frequentato di tutti, ora che tra i clienti si era sparsa la voce della commessa macchiata. Il direttore aveva deciso di trasferirla ad una delle casse dove le persone hanno sempre fretta e non guardano in viso chi le serve, imponendole di indossare il camice bianco con il nome del negozio stampato sul taschino e la cuffietta con le trine.
Anche le colleghe di lavoro, un tempo compagne di pizze e scampagnate, inventavano mille scuse per evitare di uscire con lei.
Gabriella diventava ogni giorno più triste e anche la sua voglia prepotente di indipendenza cominciava a pesarle. Ma non voleva cedere, capiva che il suo cuoricino spezzato doveva risollevarsi e riprendere a camminare...
Quella mattina di primavera il negozio era particolarmente pieno, rumoroso di carrelli spinti tra gli scaffali, di bottiglie e scatolette che si urtavano in continui scontri, di scontrini tintinnanti che uscivano dalle casse.
Gabriella si sentiva affaticata, stretta in quella divisa bianca come in una camicia di forza, mentre pigiava sui tasti come un automa.
Aveva appena dato il resto per una spesa, in verità molto magra, quando il cliente le piazzò sotto il naso un cartoncino giallo leggermente spiegazzato, con qualche macchia di unto. La serpentella alzò appena gli occhi e si accorse di avere di fronte un personaggio alquanto insolito...scarpette da passeggio rosse e verdi, completo grigio scuro con camicia a quadri viola e gialli, bastoncino di bambù con manico d'avorio. E il viso era uno spettacolo: una faccia piccola e rugosa da vecchio serpente, ma con una capigliatura lucida e folta come quella di un clown. A ripensarci, le sembrava di aver digitato nella sua spesa il prezzo di una tintura per capelli...Ma ciò che la affascinò fu la voce, morbida e suadente come uno scialle di lana che si mette sulle ginocchia in pieno inverno, dolce come una tazza di cioccolato fumante, bella come un tramonto in riva al mare...e non mi sbadigliare in faccia...insomma, quella voce a Gabriella piaceva tanto. Tanto che prestò particolare attenzione alle parole d'invito: "Lei, gentile signorina commessa- parlava come un gentiluomo d'altri tempi- non ha un aspetto sano. Io sono un medico, venga a trovarmi al mio studio, è tutto scritto qui, sul biglietto". E si allontanò, senza dire altro, facendo roteare con una mano il bastone e con l'altra la busta della piccola spesa. Gabriella lesse il foglietto giallo con curiosità...che fosse la cura che cercava?

DOTTOR GASPARE AMOROSO,
SPECIALISTA IN QUESTO E QUELLO,
CURA TUTTO IN POCO TEMPO,
SE NON VIENI RIMANI SCONTENTO.
VIA DEI POLLI NUMERO CENTO."

"Mamma, che biglietto è, sembra una filastrocca..."

"E lo era, piccolo, una filastrocca quasi in rima. Nessuna persona, nessun serpente avrebbe preso sul serio un dottore con la faccia da buffone e con un biglietto da visita tanto ridicolo. Ma la nostra serpentella ammalata pensava di non avere più niente da perdere; così, approfittando delle due ore di pausa, si recò all'indirizzo segnato sul cartoncino.
Per fortuna il posto non era lontano. Gabriella fermò la bicicletta accanto ad un lampione e si incamminò per uno stretto vicolo tra due palazzi, seguendo le indicazioni di un cartello, giallo come il biglietto. Si trovò di fronte un'insegna un pò sbilenca, qua e là arrugginita:

DOTTOR G.AMOROSO
CURA TUTTE LE MALATTIE
SEGUI LA STRADA
UN PO' DI QUA UN PO' DI LA'
ALLA FINE SUONA IL CAMPANELLO.

Era in realtà un vecchio campanaccio scolorito, Gabriella tirò la cordicella e dopo un paio di minuti si aprì una porticina. Non c'era sala d'aspetto né segretaria, solo il viso divertito e un pò assonnato del dottore, che indossava sul completo grigio un camice verde brillante con una targhetta blu con il suo nome scritto a mano. "Allora, Gabriella, come va? " "Ma lei...conosce il mio nome? " "Io so tutto, di questo e di quello, e poi dimentica che tutte le commesse hanno il nome sul taschino..." "E' vero, non ci pensavo. Dunque, il mio problema..."
"Sono queste macchie, lo so, ma -posso darti del tu?- non ti devi preoccupare. Sono rare tra noi serpenti bianchi e neri, ma non è detto che quello che non capita a tutti sia una malattia incurabile. E' solo qualcosa che tu hai e gli altri no. Quando spuntarono a me, avevo appena quindici anni -sono sempre stato un tipo precoce!- e mia nonna Gelsomina, vedendomi piangere disperato, mi consolò dicendo che si era trattato di una "febbre di crescita". Guarii dopo quindici giorni, ma non ti spiego come, nè ti prescrivo medicine, capirai da sola. Vai, piccola cara, sarai tu a farmi avere tue notizie".
" Ma, non capisco, quanto le devo per la visita?"
"Fino a prova contraria, sei tu che hai fatto visita a me, ti ringrazio, torna a trovarmi! " e richiuse la porta con uno sberleffo.
"Che strano personaggio - pensava Gabriella- strano ma simpatico, anche se inutile..."

Il giorno dopo la serpentella era alle prese con il conto lungo e vario di una spesa per famiglia numerosa. Alzando gli occhi per prendere la carta di credito dalla cliente, notò nella fila due occhi neri, ombreggiati da due bellissime ciglia scure, che la guardavano. Quando arrivò il turno di quel serpente, poté notare che anche il resto dell'aspetto era niente male. Ma, meraviglia delle meraviglie, quel giovanotto aveva tante macchie colorate uguali alle sue, della stessa tinta e negli stessi punti del corpo.
" Si, ho notato anch'io le sue macchie. Un medico mi ha detto che spariranno da sole e che non devo preoccuparmi..." "Il dottor ...Amoroso...?" e qui Gabriella rise, contenta senza un motivo.
Forse iniziava a capire la strampalata diagnosi dell'arruffato medico, ora che le macchie si rimpicciolivano, sbiadivano e si cancellavano. E insieme alle sue sparivano come per incanto anche quelle del giovane serpente che, passando ad un tono più confidenziale, si presentò: "Mi chiamo Alfredo, e tu? "

" Lo sapevo che si chiamava Alfredo, come papà mio! " grida Riccardo battendo le manine:

" Non m'interrompere ora, che sto arrivando alla fine. Ce la fai a seguirmi, senza addormentarti? "
"Sì, ma fai presto, gli occhi sono pesanti! "
"Sì, faccio presto, amore mio, siamo quasi alla fine della storia...

Alfredo e Gabriella fecero amicizia e si frequentarono per qualche mese. Alla nostra serpentella quel giovanotto piaceva molto. Certo, non era bellissimo, come i serpenti azzurri del paese dei serpenti colorati, dei quali amava leggere le storie dai giornali per signorine, dal parrucchiere, ma sapeva essere dolcissimo, rideva volentieri e non si vergognava mai di mostrare i suoi sentimenti. Le scriveva poesie, coglieva per lei fiorellini di campo, inventava nomi per le stelle che osservavano abbracciati e piangeva alla fine dei film d'amore.
La sua mamma Giovanna, dopo averlo conosciuto, non poté trattenersi dai suoi commenti..."e che lavoro fa, questo giovane...ma non è troppo piccolo per te...ma tu sei convinta di quello che fai?..."Ma Gabriella, dopo la scomparsa delle macchie, sentiva dentro di sé la voglia di affrontare il mondo senza più paure.
Dopo un anno i due serpentelli si sposarono e andarono a vivere in una casa più grande. Qualche mese prima della nascita dell'erede - lo avrebbero chiamato Riccardo, come un re lontano dal coraggio di un leone- decisero di andare insieme a far visita al vecchio medico complice del loro incontro.
Con loro grande meraviglia, la porta dello studio era chiusa da un catenaccio e su di essa, attaccato col nastro adesivo per pacchi, c'era un foglio a quadretti con questa scritta:

LE MACCHIE SONO COME LE EMOZIONI VERE

ALCUNI LE NASCONDONO, ALTRI LE FANNO VEDERE

QUELLE PIU' EVIDENTI

NASCONDONO I PIU' FORTI SENTIMENTI.

Era un'altra filastrocca, nello stile del vecchio dottore, un pò stupida forse, ma Gabriella ed Alfredo capirono che niente nella vita è più importante del colore della verità..."

Gabriella vorrebbe aggiungere altri particolari per arricchire la sua storia ma Riccardo si è addormentato, sogna di serpenti con le macchie.
La sua mamma lo guarda, piccolo cucciolo che dorme, ripensa alla storia che ha appena inventato...che vuole continuare a vivere.

(Tiziana)


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