La rondine e il tordo

                    

La rondine era tornata e sfrecciava ancora, sicura, nel cielo azzurro, lanciando acuti stridi. La lunga estenuante traversata, il pericolo delle tempeste sul mare, niente pareva aver toccato la sua forza, la sua energia. E quando nacquero i piccoli, tutto il giorno a far la spola tra il nido e l'aria, il nido e l'acqua, infaticabile e sempre allegra, sempre canterina. Rade le soste.

Fu proprio durante una pausa, bilanciandosi su un ramo in attesa di nuove prede, che notò il tordo: faceva la siesta sull'albero vicino intonando ogni tanto una melodia, bello grasso senza preoccupazioni. Anche il tordo guardava la rondine e fu lui ad aprire il dialogo: "Quante corse, quanta fatica, non ti fermi mai?".

"Molto di rado; io amo l'aria, il volo; e poi ho tante bocche da sfamare ...".

"Anch'io, se è per quello, avrei tante cose da fare, ma preferisco cercare bocconi buoni per me e allenarmi nel canto. So che è apprezzato, tanti fanno lunghi percorsi per venire ad ascoltarmi".

E mentre la rondine laboriosa viveva le sue giornate intensamente, il tordo si ingrassava e si divertiva.

Ma venne il contadino, vide la rondine sempre indaffarata a catturare insetti e il tordo in panciolle; ascoltò i gridi della prima e il canto del secondo, poi disse: "La rondine è utile per difendere le piante e il raccolto, è bello vederla nel cielo volare cantando, è veloce e deve essere difficile catturarla; il tordo è bello grasso, è certo un buon boccone e anche con il suo canto così modulato mi può servire", e tornò con le trappole. Il tordo tutto compreso in sé non se ne accorse e finì in gabbia.

"Non vorrai mangiarmi" disse al contadino, "ascolta come canto" e intonò la sua canzone preferita. Poi aggiunse: "Se mi lasci libero, ti prometto di venire a rallegrare le tue giornate, di riempirti la casa di piacevoli note. Lasciami andare!". Ma il contadino fu irremovibile: "Ho visto che vengono in tanti ad ascoltarti: per adesso mi farai da richiamo; a mangiarti faccio sempre in tempo". E il tordo da quel giorno si trovò il pasto assicurato, poté cantare quello che voleva, quando il contadino andava a caccia veniva sistemato in un bel prato all'ombra di un albero fronzuto, tanto che egli pian piano dimenticò di essere prigioniero. Quando gli si avvicinavano altri uccelli, si vantava della sua facile vita e faceva mostra di tutta la sua bravura nel canto: era molto invidiato.

Un giorno si trovò di fronte la rondine. "Ah! sei tu." gli disse. "Non sei stanco della gabbia?". "Quale gabbia?" le rispose il tordo. "Io vivo benissimo, ho tutto quello che posso desiderare: canto quello che mi piace e sono mantenuto per farlo, meglio di così!". "Meglio della libertà?" chiese la rondine. "Ed è meglio anche per quegli uccelli che fai catturare dal contadino?". "Peggio per loro" rispose il tordo. "Se sono così stupidi da cadere in trappola, la colpa non è certo mia; io mi limito a cantare, sono loro che devono fare attenzione. E poi non vedi come piaccio, quanto successo riscuoto? Ci vuole pure qualcuno che diverta ...". "Che diverta ma non che inganni!" aggiunse la rondine e sfrecciò lontano.

Il tordo continuò a cantare in mezzo alla sua piccola corte di ammiratori: "Che bravo! che melodia!" dicevano tutti senza pensare ad altro. E veniva il contadino con le trappole ... la rondine si librava nel cielo azzurro, in alto, sempre più in alto.

Finì anche l'estate, giunse l'autunno con le prime nebbie e le prime piogge; il tordo fu usato sempre meno come richiamo e un giorno il contadino gli disse: "Grazie al tuo canto ho catturato tanti uccelli, è vero, ma adesso non so che farmene di te. Mantenerti a sbafo tutto l'inverno non mi conviene, ti metterò in padella". Il tordo non ebbe il tempo di ribattere che venne preso per il collo.

Il suo ultimo sguardo andò alla rondine che si preparava a partire, libera, completamente libera.   (gg)