Una pigna fortunella

 

Appena fuori città si alza dalla pianura un gruppo di colli folto di querce, castagni, acacie. E' difficile vedervi i pini che sono piante di montagna: il clima troppo caldo dell'estate li tiene lontani ma su qualche particolare versante ne nascono alcuni. Si ergono alti e ritti verso il cielo quasi a cercare l'arietta frizzante delle cime tanto distanti. Sul folto ramo di uno di questi, un dolce mattino di primavera, sotto un cielo terso e chiaro, si aprì una gemma; ne fece capolino una verde e gonfia pignetta che, guardandosi intorno tutta curiosa, gridò: "Che bel posto, quanto bel verde e che bei fiori! La terra è davvero un incanto! E questo sole, questo venticello, una vera delizia!" Godendo della flessuosità del ramo che ondeggiava lieve, poteva contemplare tutto ciò che la circondava, vedere dall'alto un panorama stupendo di dolci pendii, campi, boschi, Poteva vedere i contadini al lavoro, i bambini giocare e venire sotto il suo albero in cerca di legna, funghi, fiori. Altre pigne nacquero accanto a lei, sullo stesso ramo o su quelli vicini con cui scambiare giochi e chiacchiere.

Intanto il tempo passava, la pigna si ingrossava sempre più e si pavoneggiava davanti alle compagne. Un giorno l'albero le disse: "E' inutile essere così contenta e sbarazzina: adesso ti vanti tanto di diventare grande, ma vedrai che presto il tuo bel verde si muterà in giallo e bruno, le tue squame si seccheranno, si allargheranno e tu cadrai a terra". La pigna rimase di sasso: come? Avrebbe dovuto abbandonare questa posizione speciale, le sue compagne, i divertimenti, per finire nell'ombra, nell'umido, magari nel fango? La scoperta fu davvero dura ma non si volle arrendere: l'albero forse era geloso di lei e aveva mentito. Pian piano ritrovò la gioia, il piacere di farsi cullare dal vento, lavare dalla pioggia, asciugare e scaldare dal sole. Ogni tanto -è vero- quel brutto pensiero si insinuava maligno, ma lei lo scacciava decisa. Non poteva fare a meno, però, di darsi ogni tanto una sbirciatina e un giorno le sembrò che il suo colore non fosse brillante come al solito; si guardò ben bene e vide che qua e là la pelle tendeva al giallo: che l'albero avesse ragione? "Sarà il sole" pensò e cercò da quel momento di evitarne i raggi, ma non ci fu nulla da fare: con il tempo vide le squame seccarsi, si sentì sempre più malsicura sul ramo finché una notte, durante un violento temporale, una raffica più forte delle altre non sbatté il suo ramo contro altri rami e la pigna perse l'appoggio cadendo a precipizio. Fu tutto così rapido e inatteso che colse solo una sensazione di vertigine e poi il rotolio lungo il bosco tra foglie, aghi di pino, muschio e altre pigne. Si fermò in una conca nell'umido e quando pian piano si riprese, capì che la sua vita era completamente cambiata, "Certamente in peggio" pensò e si chiese se avrebbe trovato di che passare le giornate. Le prime, là nell'ombra, furono durissime, non passavano mai e la pigna addirittura non riusciva a distinguere il giorno dalla notte abituata com'era alla luce del suo ramo; e poi si sentiva sola: dov'erano mai finite le sue compagne? E tutti quei bambini che vedeva correre e giocare? Adesso le giornate si accorciavano in fretta e il tempo freddo li teneva lontani; le altre pigne cadute come lei, se ne rimanevano nascoste sotto il fogliame; dall'alto continuavano a cadere altri rami aghi foglie e la pigna vedeva sempre meno intorno a lei. "Almeno non soffrirò il freddo" si consolò.

Un giorno di sole più caldo degli altri, la pignetta sentì grida e richiami: il bosco si andava animando quasi come nella bella stagione; udì passi avvicinarsi e voci. "Nemmeno un fungo qui, che sia troppo tardi?", "Cerchiamo meglio", "Possiamo almeno raccogliere legna e pigne per il camino". "Ahimè" si disse la pignetta, "qui faccio una brutta fine!" e cercò di farsi piccola piccola sotto le foglie. Un bambino arrivò nei suoi paraggi e, cercando cocciuto dei funghi che non c'erano, si mise a sollevare le foglie, a spostare i rami. Non trovò quello che cercava, ma vide la pignetta: "Che bella pigna! Che grossa! Voglio proprio portarmela a casa! Guarda, delle altre belle pigne!" e ne riempì il cestino.

La pignetta, ammaccata tra le compagne, temendo chissà quale disgrazia -magari quella di andare ad alimentare un bel falò- si vide caricare su un'auto e scarrozzare attraverso campi e vigneti. Non aveva mai viaggiato e ne fu entusiasta, ma quel pensiero ossessionante -"Possiamo raccogliere pigne per il camino"- le toglieva ogni gioia. Ecco infine la città, un lungo giro tra le case e poi il bambino che riprende il suo cestino e se lo porta in camera. La pigna venne rovesciata con le altre sul pavimento, sentì un bel tepore, vide intorno tanti giochi, ma non ebbe il tempo di capire dove fosse e che cosa succedesse: venne rinchiusa in un armadio. Da lì, al buio, sentì ancora delle voci e queste, assieme ai rapidi momenti di luce quando qualcuno apriva l'armadio, divennero l'unico svago delle lunghe giornate tra un pisolino e l'altro per tanto tempo. Non sapeva nemmeno quanto ne fosse passato, che fine avessero fatto le sue compagne che non erano lì con lei -e pensava naturalmente a quella pericolosa frase sul camino- quando un bel giorno l'armadio si aprì e il bambino la prese in mano tutto orgoglioso: "Ecco qua la mia pigna, voglio farla diventare bellissima" e con pennello e colori, colla e lustrini, la rese luminosa e scintillante. "Ma sono proprio io?" si chiedeva la pignetta sbalordita, "e adesso dove mi metterà?". Ultimato il suo lavoro, il bambino la portò nel salone dove un bell'abete era stato adornato per il Natale e dove luci e festoni rendevano tutto allegro e variopinto. La pigna trovò il suo posto d'onore e fu raggiante, non sapeva contenere la sua gioia: un nuovo albero, nuovi compagni, nuovi svaghi … poteva ricominciare a sperare in cose belle e fortunate. (gg)